
Un afro beat originalissimo e travolgente. Pregno di improvvisazioni e
spunti capaci di spaziare dal free jazz alle fughe prog, dal funky al
punk, doo woop e blues. Il loro cannibalismo può tradursi proprio in
questo. Fare incetta di generi musicali e rielaborarli con tocchi
personalissimi di impro e trovate spiazzanti. Surrealismo e concretezza.
Contaminazioni ingurgitate per rigettare siparietti alternativi.
Tribalismi, galoppate fusion-beatnik incalzanti e suggestive. Parossismi
irrefrenabili, assaltanti corossover, session febbrili, lucida follia.
Un album di energia pura e sottile intelligenza. I malesseri della
nostra società vi vengono condensati e se ne libera un caos parodistico
che si nutre di contraddizioni. Si tratteggiano bozzetti pieni di irruenza e frenesia. Una jug band un po' naif e un po' sferzante. A
friguano, KKK (Koning, keizer, kannibaal), Africa Mambata,
delle vere e proprie pieces sul riciclo della devastazione e sulle
potenzialità della decostruzione. A rievocare gli eclettismi di Zappa,
le bizzarrie rumoriste ed insertistiche del Confusional Jazz Rock
Quartet, il pragmatismo umorale dei Residents, l'astrazione creativa dei
Jealousy Party.
-Romina Baldoni
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