Il Superfreak è un tipo strano che viene da lontano, da sud: un tipo schivo, folle, solitario, estroso ed edonista fino al midollo. Nessuno sa che faccia abbia. È probabile che non ce l'abbia proprio, una faccia. Che l'abbia persa durante una delle sue interminabili serate freak a base di erbetta magica, birrette e cartoncini. Gira sempre da solo, col suo cane, e comunica solo attraverso la sua musica. Oddio, musica. Sarebbe più corretto dire quel miscuglio di uova strapazzate e vino acerbo che lui considera tale.
Qualunque cosa sia è una roba così importante, per lui, che ha pensato pure di farne un disco (che in realtà è il quinto, se si conta la collaborazione con il compagno di sventure e di etichetta Alexander de Large). C'ha infilato dentro un po' di tutto: ballate folk (Wednesday) bordate country-hardcore (Isn't Up To Me), siparietti folk violentati da una incontenibile frenesia rock'n'roll (la bellissima G Sus o B) e ballate folk lo-fi (Gong). E sarebbe già un sacco di roba, se non fosse che il Nostro è riuscito a tirar fuori pezzi veramente formidabili come Polysemic Fear of The Trueness, No Sugar Will Touch My Shiny Being e I Can Make It. La prima, un classico cow-punk che resuscita i Violent Femmes riuscendo a debitar loro omaggio e a uscirne fuori originale. La seconda, una delle cose più bizzarre che si siano ascoltate negli ultimi tempi, un folk punk schizofrenico che lambisce lidi metal trasudando epicità, basso ventre, classicità e attitudine da strada. La terza poi, un alternative country-rock zoppo, leggero e irriverente che penetra ossa e neuroni con una facilità disarmante.
Le note e le liriche di Top Evidences Against Evolution sguazzano allegre e ubriache in questo pantano di suoni e direzioni dove rivivono, piacevolmente alterati, Meat Puppets, Violent Femmes, Minutemen e Daniel Johnson. Il tutto concentrato in 14 canzoni della durata di appena 30 minuti (perché la sua vita corre veloce, all'impazzata, e le sue canzoni non potrebbero essere da meno) pubblicate dalla Lepers Production, una free netlabel di lebbrosi e gente poco raccomandabile, degli sbandati come lui.
Niente fronzoli, dunque, niente architetture barocche, ma solo un buon folk-punk folle e schizoide che scivola via veloce pestando piedi, triturando riff frenetici, ritmiche impossibili e liriche sconclusionate e regalandoci un'infinità di punti di vista sul rock'n'roll. E noi tiriamo un gran sospiro di sollievo. Perché la semplicità sa esser rivoluzionaria, e se la mischi con un po' di follia apriti cielo! Grazie Superfreak, torna presto a trovarci.
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