Agisce per lo più in clandestinità. Sembra avere
grande autorevolezza all'interno del covo Lepers o forse è un infimo
corruttore, tant'è che tutti gli offrono i loro servigi per aiutarlo a
sfornare i suoi dischi policromatici. Riesce a scivolare come un'angulla
da un folk blues morbido ed etereo a sonorità più massicce dalla
sfrontatezza garage. "Pete Jones & his reckless youth" 2006,
sembra essersi avvalso di esponenti prestigiosi sia della musica nera
che della jazz fusion, salvo poi scoprire che erano solo Alexander de
Large e Superfreak travestiti! Testi inverosimili e burleschi con
accompagnamenti musicali studiati
nei minimi particolari. Atmosfere e trame abilmente impalcate per una
scenografia ad effetto. Uno spettacolo di commistioni e sarcasmi.
Intimismi che sembrano quasi improvvisazioni estemporanee e veri e
propri brani corali.
Tutto convive pacificamente nel baraccone colorato e fantasioso di mr
Jones. Tutto contribuisce a far salire la tensione e il coinvolgimento
fino all'esplosione pirotecnica di ogni finale. Magistrali in questo
senso: Quattro, Ali abcdclifa, heavy metal diarrhoea. In "Quickly"
2007 si ritrova apparentemente solo e cade in depressione. Sforna un
rock desertico e introspettivo da far rabbrividire i migliori Calexico
d'annata. Rievoca il bravissimo Above the Tree nel far galleggiare gli
arpeggi. Saltano agli occhi gli isterismi compulsivi di Welcome in my mind e i cupi affondi in delay in Kyuss il disturbo bipolare e il delirio di onnipotenza in I like stimulant but you need it.
Le cose sono due: o la depressione ha ormai raggiunto la fase di non
ritorno o è stato pesantemente drogato. Altra ipotesi possibile: ha
rapito qualche virtuoso della chitarra in combutta con i suoi aiutanti e
gli ha affibiato il suo moniker per farsi grande.
-Romina Baldoni
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