Garage Boy è un clandestino che prende l’elemosina nei car-parking. Non ditelo alla Lega Nord !!!
Con questa premessa e l’ironia di fondo, costante k algebrica nei lavori Lepers, ecco che nel piatto galleggia sempre la solita mosca arguta, quella petulante e fastidiosa, eppure così ricca di influenze. Perchè è di questo che Gonzo Muziko tratta … con le solite scellerate maniere di chi non considera le conseguenze.
Lo zucchero a velo su una ciambella della stessa consistenza dei vostri pneumatici da neve. Un chiaroscuro livido e purissimo come alcool etilico a 95°. Codesto è una bomba ad orologeria ricchissima di suoni, impressioni, umori e tanti tanti piccoli sketch urbani.
Con questa premessa e l’ironia di fondo, costante k algebrica nei lavori Lepers, ecco che nel piatto galleggia sempre la solita mosca arguta, quella petulante e fastidiosa, eppure così ricca di influenze. Perchè è di questo che Gonzo Muziko tratta … con le solite scellerate maniere di chi non considera le conseguenze.
Lo zucchero a velo su una ciambella della stessa consistenza dei vostri pneumatici da neve. Un chiaroscuro livido e purissimo come alcool etilico a 95°. Codesto è una bomba ad orologeria ricchissima di suoni, impressioni, umori e tanti tanti piccoli sketch urbani.
La fantasia non manca certo a Garage Boy che riesce a fondere una bossanova violentata prima da un dub dalla lingua lunga, e poi da un acid rock galeotto e con una cicatrice sulla guancia sinistra.
Tanti, troppi elementi sconnessi nella stessa parafrasi sonora, e ci vuole perlomeno un terzo, un quarto e probabilmente un quinto ascolto per decifrare tutto lo scomparto che l’eroe di giornata propone. Gimme Gimme attacca come un garage cobalto anemico di feedback, ed il tutto si esaurisce in poco più di un minuto di assoluto groove urlato come si faceva per bene negli anni ’90. Ma poi la traccia successiva, The number has been changed, spezza il ritmo che già insinuava i nostri neuroni più intelligenti e passa ad un dub-funk felino, che come uno spot pubblicitario, si dilegua lasciandoci mille interrogativi ed un bip telefonico in testa.
Le Grand Passion d’Amour proietta l’ascoltatore in un via-vai urbano, non dissimile ad un parcheggio sotterraneo: chi entra chi esce con caotica fast-motion, tutti ticket-fobici direi!
Tanti, troppi elementi sconnessi nella stessa parafrasi sonora, e ci vuole perlomeno un terzo, un quarto e probabilmente un quinto ascolto per decifrare tutto lo scomparto che l’eroe di giornata propone. Gimme Gimme attacca come un garage cobalto anemico di feedback, ed il tutto si esaurisce in poco più di un minuto di assoluto groove urlato come si faceva per bene negli anni ’90. Ma poi la traccia successiva, The number has been changed, spezza il ritmo che già insinuava i nostri neuroni più intelligenti e passa ad un dub-funk felino, che come uno spot pubblicitario, si dilegua lasciandoci mille interrogativi ed un bip telefonico in testa.
Le Grand Passion d’Amour proietta l’ascoltatore in un via-vai urbano, non dissimile ad un parcheggio sotterraneo: chi entra chi esce con caotica fast-motion, tutti ticket-fobici direi!
I ritmi funk ritornano, slangati, deframmentati, quasi come un Calvin Johnson ubriaco: I’m coming California è un multi-vitaminico dall’alto tasso di tossine. Azzardo, ma la no-wave dovrebbe essere riscritta in salsa italica! Il minutaggio è sempre essenziale, il tempo di abituarsi ed ecco che si cambia già traccia e, dal rap-videogame di La Moderna Vivo (miglior brano del disco) ai ritmi mediterranei da “spiaggia deturpata” di Sombart & Weber (sottile lode al socialismo d’altritempi) e di Saspananda, entrambi costellati di citazioni, orgasmi e segni di affogamento.
Robo Clock e Did you feed the cat today? soffrono di un improvviso ed alienato entusiasmo, specialmente la seconda invasa da quasi psichedeliche irritazioni agli occhi, ed il tutto contagia inesorabilmente l’umore di qualsiasi giornata grigia: antidepressivo freudiano!
-Poisonheart
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