Ad Altamura fanno il pane buono ma ai Bread Pitt interessa più che altro l’impeto algebrico e sfarfallante della new new wave, soprattutto quando tenta di mediare percorsi arty e fisicità elettrizzante. L’asprezza arguta dei Wire fa il girotondo con la matematica spigolosità dei Polvo, certi sdrucciolevoli deliri noise-psych fanno il solletico alle geografie post irrorate di bucolici angosciosi diversivi. I testi in italiano sono folate che si stemperano nell’eco sonica, tra i siparietti devoluti e le angosce bische-disco dove giochicchiano gli spasmi incandescenti col passo marziale che neanche dei CCCP pasturati a Sonic Youth e Minutemen, cosa dire poi del lungo delirio ultrasonicominimale a fine scaletta? Mah. Son già tre album per la Lepers. O qualcuno li ferma, o non si fermano più.
(7.2/10)
- Stefano Solventi
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